Il responsabile dell’Ospedale Notre Dame de la Consolata di Neisu, padre Rinaldo Do, dedica ampio spazio all’analisi del precario equilibrio economico e sociale in Congo che, inevitabilmente, condiziona la Sanità congolese e la capacità di rispondere ai bisogni della popolazione.

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L’arrivo in Congo nel 1991 di padre Rinaldo Do

Sono arrivato in Congo nel 1991 e ho visto un degrado continuo del paese. I governi hanno provveduto a costruire scuole, strade, ospedali grazie soprattutto alla presenza massiva di aiuti internazionali e alla presenza interessata di imprese cinesi, ma la vita vissuta mostra una miseria continua. Qui si muore di fame e le malattie come malaria, AIDS, tubercolosi, morbillo sono di casa.

Ebola al nord è ritornata e, benchè controllata, si contano 2 mila morti nel solo 2019. Il sistema sanitario congolese è fragile e diversi politici intascano i soldi dei compensi provenienti dall’Organizzazione mondiale della Sanità, o da altri organismi solidali, invece di utilizzare i fondi a beneficio delle strutture sanitarie a cui sono destinati.

Molti non conoscono i rischi correlati al coronavirus

Nei nostri quartieri molti non sono coscienti dei rischi legati all’infezione da covid. In molti dubitano perfino dell’esistenza stessa della malattia. Proprio a Kinshasa, città di oltre 15 milioni di abitanti, si conta il maggior numero di casi registrati. E’ difficile però vedere gente con la mascherina o che tiene le distanze, non riempie i taxi e gli autobus. E’ arrivato uno stock di vaccini ma molti sono ancora negli ospedali perchè la gente è diffidente.

Qui in Congo tutto è cominciato il 19 marzo 2020. Sono state chiuse tutte le attività pastorali, quelle scolastiche, i viaggi, il trasporto di persone e mercanzia verso l’interno del paese e verso l’estero, e in parte anche quelle commerciali. La riapertura è stata sancita il 15 Agosto del 2020.

Gli effetti delle restrizioni imposte

Durante il lockdown, malgrado le restrizioni sanitarie, la gente ha continuato a sopravvivere con le piccole attività di acquisto-vendita davanti a casa o nei piccoli mercati dei quartieri, negli orti fuori città. Dove avrebbe trovato da mangiare la grande maggioranza dei Congolesi se fossero rimasti a casa? Difficilmente la nostra gente ha un frigorifero. La corrente elettrica in città spesso non c’è, e in tante regioni non si sa che cosa sia l’elettricità malgrado le ricchezze idriche del paese.

Gli studenti sono stati invitati a rimanere in casa e a seguire i corsi via internet ma, a parte chi vive in alcuni quartieri del centro città, chi puo’ permettersi il lusso di avere un computer? Nei nostri quartieri i ragazzi hanno vissuto per l’intera giornata sulle strade aspettando che si facesse sera quando qualche membro di famiglia ritornava con qualcosa da mettere sotto i denti.

Viviamo in un paese immenso, colmo di ricchezze naturali e minerarie

Oro, cobalto, nichel, rame, diamanti, coltan, petrolio, legname prezioso e terre fertili per l’agricoltura! Proprio a causa delle sue ricchezze il Congo è straziato da una guerra civile iniziata nel 1966 con più di sei milioni di morti, attraversato ancora oggi da centinaia e centinaia di bande criminali pronte a tutto pur di difendere i loro interessi economici. Bande spesso manovrate da multinazionali che hanno bisogno di manovalanza per tutelare il proprio business.

Nelle terre dell’Est, in particolare nelle province del Kivu e dell’Ituri, si combatte quotidianamente senza alcun vero controllo da parte delle autorità nazionali: sono presenti bande rivali, spesso improvvisate, che impongono con la violenza le loro regole alla popolazione locale ridotta allo stremo. Ed è qui che si concentra il maggior numero di atrocità commesse: delitti, rapimenti, stupri di massa. In queste settimane il Presidente Tshisekedi ha dichiarato le regioni de l’Ituri e del Kivu zone in stato d’assedio governate dai militari.

I crimini commessi per mettere le mani sulla ricchezza del sottosuolo

A una ventina di chilometri da Goma, la capitale del Nord Kivu, è finita la vita dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere che lo scortava, Vittorio Iacovacci, e del loro autista congolese, Mustapha Milambo. Da anni ci sono forti interferenze dei paesi confinanti, Rwanda, Uganda, Burundi, infiltrazioni sempre più intense di gruppi jihadisti, soprattutto attraverso l’Alleanza delle Forze Democratiche una potentissima milizia multietnica sostenuta dall’Uganda, che sfruttano le fragilità economiche e sociali della popolazione per infiltrarsi nella regione. Il vero obiettivo di queste centinaia di bande è mettere le mani sul tesoro del Congo. Da anni i nostri vescovi denunciano questa politica dei paesi vicini.