UNA VITA PER GLI ALTRI

Maria era medico pediatra e la svolta professionale, anzi vocazionale, è avvenuta appena dopo la laurea quando, insieme a un gruppo di scout, trascorse un periodo in alcune missioni del Kenia. Da allora lavorò sempre alternando l’Italia a qualche paese africano (Kenia, Tanzania, Burkina Faso, Uganda, Angola).

Dalla sua prima permanenza in Tanzania scriveva:

“Sono veramente contenta, al di là di ogni retorica. Qui ho potuto sperimentare il senso e il gusto del mio lavoro. L’idea di tornare in Italia non mi sorride per niente. Quello che io vorrei per me è di restare qui. Mi piace questo tipo di vita e di lavoro e, nonostante le inevitabili difficoltà, sento che qui le mie giornate hanno un senso”.

PASSIONE E GENEROSITÀ

Maria amava tanto il suo lavoro, ma amava tanto anche le cose della vita: le amava e le viveva con una libertà che familiari e amici le hanno sempre invidiato. Quando poteva viaggiava, andava in montagna, andava a sciare e nel baule che portava in Africa c’era sempre spazio per raccolte musicali e libri di ogni genere.

Chi lavorò al suo fianco racconta di come si prodigava per ore e ore con un approccio sempre calmo e generoso con tutti, pronta a spendersi con molta determinazione. Tutti ricordano quanto si distingueva nel lavoro e quante notti insonni abbia trascorso a vegliare bambini non suoi. Sappiamo delle sue ribellioni davanti alla sofferenza dei bambini, ai loro gemiti agonici, al dolore delle loro mamme e dei loro papà.

E sappiamo di come davanti a tutta questa sofferenza non abbia mai smesso di combattere, rifiutando però l’idea di essere un eroico “Don Chisciotte”.

IL CONFORTO DELLA FEDE

Partendo la prima volta per lavorare in Tanzania, Maria ci aveva lasciato un biglietto, la parte anteriore dell’immagine portava la scritta “Temo che il giorno finisca prima che io me ne accorga, e l’ora dell’offerta passi via”.

Maria ha vissuto fino al 24 marzo 2005 il suo ideale, quando l’infezione da virus di Marburg, di cui da un po’ di tempo aveva avvisato inascoltata le autorità sanitarie, l’ha stroncata con centinaia di suoi bambini.

A noi resta con un dolore infinito anche il conforto, altrettanto grande, della fede che Maria ha vissuto in modo discreto e silenzioso e di cui, come nel suo stile, ci ha lasciato testimonianza in poche righe scritte la settimana prima di morire:

“Ho la febbre e mi sento tutta rotta. Speriamo che sia malaria. E se no…mi dispiace di morire, mi dispiace per me, per il dolore della mamma, della Cri, del Paolo, dei miei nipoti e dei miei cognati, delle persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene.
Ho ripetuto tante volte in questi anni che la vita è la realizzazione del sogno della giovinezza, è stato per molta parte così e ne ringrazio il Signore. Non sono certo all’altezza del dr. Matthew*, ma se la mia morte fosse l’ultima non mi dispiacerebbe poi tanto di morire”.

* Il dr. Matthew, direttore dell’ospedale di Lacor in Uganda, nel 2000 sacrificò la propria vita nel contenere una terribile epidemia di Ebola.

BIOGRAFIA

Maria Bonino è nata a Biella il 9 dicembre 1953. Ha conseguito la maturità classica nel 1972 e la laurea in Medicina e chirurgia, con lode, presso l’Università degli studi di Torino nel 1978.

Nell’autunno del 1980 ha cominciato a frequentare i corsi di preparazione del Cuamm Medici con l’Africa di Padova, e nel luglio dell’anno successivo è partita per il Consolata Hospital di Ikonda in Tanzania dove era responsabile del reparto di pediatria con annessa l’unità di riabilitazione per bambini malnutriti e del servizio territoriale MCH – Mother and Child Care.

E’ questo il periodo in cui nasce un rapporto preferenziale per i bambini malnutriti.

Nel febbraio del 1984 Maria consegue il diploma in Medicina Tropicale con “distinction” dopo avere frequentato il corso di medicina tropicale presso l’Institut de Medicine Tropicale Prince Leopold ad Anversa in Belgio.

Dal febbraio 1986 al luglio 1988 è stata responsabile per il Cuamm del reparto di pediatria con annessa l’unità dei bambini malnutriti presso il Centre Hospitalier Regional di Tenkodogo in Burkina Faso. Rientrata in Italia ha lavorato come assistente di pediatria all’Ospedale di Moncalieri fino al gennaio 1989 e poi come assistente e, successivamente, come aiuto primario presso l’U.O. di Pediatria – Neonatologia dell’Ospedale Regionale della Valle d’Aosta.

Tra il 1992 e il 2003 Maria ha svolto incarichi in vari Paesi Africani nell’ambito di programmi di cooperazione internazionale. E’ stata responsabile del reparto di pediatria presso l’Ospedale regionale di Iringa, in Tanzania; coordinatrice dei servizi territoriali ad Arua in Uganda e responsabile del reparto di pediatria presso il St. Mary Hospital Lacor di Gulu, sempre in Uganda. Nel marzo 2003, con un progetto del Cuamm, è partita per Uige in Angola per lavorare nel reparto di pediatria dell’Ospedale provinciale locale.

Fin dall’ottobre 2004 ha denunciato la comparsa di morti sospette per febbre emorragica ma non ha mai ricevuto la risposta relativa agli accertamenti eseguiti, e inviati, ai tecnici del Ministero della Sanità nella capitale Luanda. Nel febbraio 2005 si è verificata una recrudescenza di casi di febbre emorragica, tutti mortali. Anche in questa circostanza Maria non ha avuto sostegno dalle autorità locali fino alla morte di un’infermiera, la prima di una lunga lista che avrebbe coinvolto anche lei.

Il 16 marzo lamentò i primi sintomi della malattia e il 20 marzo fu trasferita in aereo nella capitale Luanda. Qui fu ricoverata, in isolamento, in una clinica dove morì alle 16,15 del 24 marzo 2005.

Il 14 dicembre 2006 ha ricevuto la medaglia d’oro al Merito della Sanità pubblica in memoria presso l’Istituto Superiore di Sanità a Roma.

Riposa in terra d’Africa per sua espressa volontà.

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