Quando farai la denuncia dei redditi devolvi il 5X1000 dell’IRPEF alla Fondazione Maria Bonino, non ha alcun costo per te.

Firma nel riquadro dedicato al sostegno delle fondazioni, del volontariato e delle organizzazioni non lucrative e inserisci il codice fiscale della Fondazione Maria Bonino 90052080026. Aiuterai con noi l’Ospedale pediatrico di Sokponta in Benin.

Il progetto

Il progetto, che sosteniamo dal 2019, prevede la presa in carico dei bambini malnutriti arrivati in ospedale e la distribuzione dei pasti dopo il ricovero. La dieta è a base di latte speciale, di creme e biscotti ipercalorici, frutto di una ricerca sulla composizione di ingredienti ad alto contenuto nutritivo, prodotti localmente.

La nutrizionista

Ci siamo fatti carico della retribuzione della nutrizionista Haniel Montcho, che in 10 villaggi controlla e pesa mensilmente i bambini e forma le mamme sulla corretta alimentazione dei loro figli.

Un pasto per tutti i ricoverati

A partire da quest’anno garantiamo la retribuzione del cuoco dell’Ospedale, che grazie al progetto “Un pasto per tutti i ricoverati” cucina non soltanto per i bambini malnutriti ma anche per chi è affetto da malaria, diarrea, polmonite o altre infezioni e acquistiamo i prodotti necessari per la cucina.

Il video

Guarda il video girato durante la distribuzione di uno dei primi pasti preparati internamente. Negli Ospedali africani, di solito, sono le mamme che cucinano per i figli ricoverati con gli ingredienti portati quotidianamente dai mariti o dai familiari. Ora è l’Ospedale pediatrico di Sokponta a gestire la preparazione dei pasti grazie a una cucina attrezzata.

Il progetto è nato dalla collaborazione tra Abbraccio Onlus Associazione di Volontariato di Fubine, Cooperativa Sociale Minerva e Fondazione Maria Bonino.

Come è stato scelto il cuoco?

Con una prova di cucina e grazie alla conoscenza dei dialetti

Qui sotto puoi vedere il cuoco impegnato in una prova di cucina prima di essere assunto. E’ stato scelto non solo per la sua professionalità ma anche perché ha lavorato a lungo negli hotspot, i centri di protezione internazionale nei Paesi di transito per la Libia e l’Algeria, dove ha imparato molti dialetti ed è dunque in grado di comunicare con le mamme che parlano la lingua del proprio gruppo etnico e non conoscono il francese.